Benvenuti fanciulli in questa nuova
recensione dedicata al libro di Domenico Corna che ringrazio per
la fiducia riposta in me. La scelta di accettare questa
collaborazione, è dovuta principalmente dal tema scelto
dall’autore. Chi conosce il profilo da qualche tempo, avrà
notato la mia costante sbadataggine o continua assenza
altalenante perché invasa da mille idee e momenti di solitudine
personale. Questo mio “mondo”, scoperto e accettato ormai dalla
sottoscritta, rende agli occhi delle persone esterne, quel senso
di sognante assenza. Ebbene voi siete capaci di distinguere il
filo che divide realtà dalla fantasia?
«Quello della memoria mancante era un
problema più grave di quanto avesse immaginato. Aveva perso
molto di più di qualche istante: indietro nel tempo, non trovava
niente. La mente era una scatola vuota, completamente vuota.»
Martina è una bambina diversa dalle altre,
con il visino sempre verso l’altro e la testa tra le nuvole,
vive in una costante esigenza di sognare. Senza capire
inizialmente la differenza tra realtà e fantasia, verrà messa da
parte perché “diversamente” capace di stare con altre persone,
senza comprendere che il suo sognare ad occhi aperti è un dono
pregiato e raro. Sempre vicina e sensibile ad ogni cosa, Martina
è capace di “vivere” con ogni essere vivente, senza mai farsi
contagiare e contaminare. Oggetti, animali, persone, sono
tasselli che riconoscono in lei, quel ruolo primario della
quotidianità. Anche se presente, però, la protagonista vaga tra
pensieri e parole, rimanendo nella sua dimensione delle cose e
coinvolgendo il lettore insieme al suo mondo.
«Ma ancora di più al tramonto» continuò
Ginetta «il tramonto era il momento in cui raccoglievi i sogni
come se si trattasse di cogliere i frutti da un albero. Dicevi
che i pensieri diventano veri quando le nuvole appaiono al
tramonto e ti portano a spasso facendoti volare nello stesso
modo in cui un aquilone fluttua nel cielo. Quante volte mi sono
chiesta se mai fosse arrivato ancora il giorno in cui ti avrei
sentito parlare in questo modo.»
Comprendere l’effettiva materialità della
nostra persona, è parecchio illuminante perché l’esistenza di
Martina, circondata da questa società attaccata all’apparenza ma
senza sostanza, troppo veloce per soffermarsi a pensare,
prigioniera di ogni cosa fatta materia, ha perso il vero
contatto delle cose e perso quel senso di spensieratezza dei
sognatori. La sensibilità delle persone viene sostituita dalla
luccicante esistenza falsata da ideali errati e finti.
«Una nuvola le sfiorò il volto ed ebbe la
sensazione di una morbida carezza. Sorrise mentre si accorgeva
di un’immagine ben distinta al suo interno. Galleggiava morbida
come se fosse dentro una bolla di sapone. Poi la nuvola salì
lentamente fino a quando, giungendo a una certa altezza,
scoppiò, liberando l’immagine all’interno e trasformandola in
una potente luce tale da illuminare l’orizzonte per poi, subito
dopo, spegnersi.»
La visione di Domenico Corna, attraverso
Martina, ci mostra quanto abbiamo paura di “vedere”, “sentire” e
“immaginare” perché sempre di più abituati ad avere cose facili,
veloci e senza un minimo di sforzo mentale. Quanto la diversità
è ormai sinonimo di strano, insolito e inspiegabile…riducendo
tutto al mero giudizio esteriore senza provare minimamente ad
andare oltre, commentando solo quello che rimane in superficie.
Ho apprezzato molto il tono “poetico” e ogni piccola scintille
riflessiva, nascosta tra le parole. Nuvole al tramonto è un
cielo vero, tangibile e concreto, leggibile solo da chi vuole
veramente approfondire il proprio cuore.
««Sei una nuvola?» chiese Martina puntando
il dito. «Sei una nuvola, ti ho riconosciuta. Una di quelle
nuvole rosse che dopo i temporali non vogliono mai andarsene a
dormire e se ne stanno attaccate al cielo, sveglie fino a notte
tarda. Sei una nuvola al tramonto.»»
Reputo che questa lettura, di pura
narrativa, va assaporata in caso di vero interesse perché senza
un minimo di propensione, non è possibile percepire nemmeno un
decimo di quello che vuole esprimere Domenico. Ovviamente
l’andatura lenta e dettagliata, è sintomo di richiamo al
ticchettio del nostro tempo, frenetico apparentemente ma
composto sempre dagli stessi minuti o secondi. Adatto al nostro
attuale stato mentale, se intrapreso con il cuore e un pizzico
di mente.
«Chiameremo a raccolta tutte le emozioni,
tutti i pensieri lasciati dispersi nel
tempo.
Si incontreranno in un solo momento,
l’unico istante più lungo dell’infinito:
il tempo futuro del cuore.»
Sicuramente il “tono” potrebbe risultare
“spesso”, ma vi consiglio di provarci perché vi stupirà. Una di
quelle letture che, nel tempo, farò più volte per capire quanto
si sia evoluto il mio cuore nel tempo...