Nuvole al tramonto ha quel potere
intrinseco di far lievitare la fantasia dell'essere umano,
trascinandola nei cieli più alti o nelle schiumose onde;
portando con sé un importante monito: non si dovrebbe avere
paura della fantasia e dove essa possa condurci.
Un romanzo poliedrico, capace di saper
esplorare differenti temi, tra cui il travagliato momento di
passaggio tra l'infanzia e la giovane età adulta o la paura
inesprimibile di non sapere appartenere a questa vita che
scorre, dosandoli bene tra di loro, senza risultare superficiale
o confusionario.
Ci troviamo di fronte ad un libro
estremamente delicato, con una narrazione descrittiva e poetica
che si insinua, come brezza leggera, dentro il lettore
conducendolo in luoghi dove l'immaginazione sboccia
continuamente, senza conoscere appassimento.
Tra le sue pagine dense di fantasia,
sospesa in una realtà un po' grigia, si incastra la storia della
nostra protagonista, Martina.
Martina è una ragazza che si è sempre
sentita fuori posto, incapace di conformarsi e trovare il posto
d'appartenenza nella società. Fin da giovane viene attirata,
come una falena, alla luce vivace e particolare che emana la
piazza del suo paese; qui inizia una lunga fase di estraniazione
da tutto e da tutti quelli che non vivono secondo i lenti ritmi
scanditi dagli abitanti della piazza. Tra chitarre accordate e
spinelli arrotolati, Martina, consuma anni della sua vita in un
limbo, che non la fa sentire sbagliata.
Ma se la piazza all'inizio rappresenta
l'ancora di salvezza in una vita frenetica e preconfezionata,
pian piano muta la sua caratteristica, diventando un luogo pieno
di pericoli, insidie e soprattutto immobile.
Leggendo il romanzo veniamo a conoscenza
della speciale capacità che possiede la nostra protagonista,
ovvero, la capacità di poter creare un mondo fantasioso in cui
rifugiarsi e dargli vita. Da piccola questa sua preziosa
capacità era ben custodita e amministrata, le ha permesso di
poter comunicare con qualsiasi essere vivente e di poter
liberare l'empatia. L'autore riesce a gestire bene la narrazione
in questi frangenti, più che essere testimoni e come se fossimo
insieme alla piccola Martina mentre crea il suo mondo
fantasioso, che cresce e si sviluppa ogni giorno nuovo. La
fantasia viene avvertita come una piantina: se coltivata con
cura può crescere a dismisura donando una miriade di fiori.
Tuttavia, da grande questa capacità per
Martina diviene un problema che non riesce a gestire. Martina
viene trascinata dalla fantasia, quasi inconsapevolmente,
dunque, diviene una sorta di malattia a cui non può sottrarsi:
la mente e il corpo in continua scissione. Martina riesce ad
esternare bene un complesso miscuglio d'emozioni che abbiamo
provato tutti, almeno una volta nella nostra vita: divisa tra il
desiderio di rimanere eternamente una bambina in un tempo
incapace di scorrere e il voler divenire grande e scoprire cosa
l'attende.
La parte finale del romanzo,
personalmente, è la mia parte preferita in quanto intrisa di una
nostalgia inesprimibile e pressante. Sbirciamo nelle vite di
altri e l'autore con poche righe riesce ad esprimere forti
emozioni, anche solo riferendosi a dei manifesti datati
attaccati in una stazione ormai in disuso. Brividi, davvero.
Dunque, la domanda sorge spontanea e
legittima, le nuvole riescono a narrare e lo scrittore stesso ci
ha narrato una bella storia... ma la fantasia era solo davvero
fantasia? O ha un appiglio alla realtà? L'autore lascia a noi la
scelta di credere a ciò che vogliamo, ciò conferma la certezza
di essere di fronte ad un romanzo di crescita capace di saper
esternare il disagio e le complessità con cui ogni essere umano
deve far i conti, senza perdere di vista la preziosa capacità di
rimanere leggeri in questo lungo viaggio.
In conclusione, credo che Nuvole al
tramonto sia un libro dove permane la speranza. La speranza che
non è mai troppo tardi; la speranza di saper ancora fantasticare
in qualsiasi modo si voglia. La speranza di sapere ancora
vivere.