Voce nella Notte
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Domenico Corna
Voce nella Notte - Parte Terza
Predisposizioni - Undicesimo Capitolo
Incipit
Lamochattee, il capo della tribù, se ne
stava seduto all’ingresso della baracca senza degnare un solo
sguardo al sergente il quale si aggirava per rassicurare tutti i
membri della sua tribù. Tutto sarebbe andato bene. Si trattava
di poco più di una passeggiata.
«Perché dobbiamo partire.» aveva
chiesto il nipote. «Non va più bene il posto dove abitiamo?»
«No, dobbiamo partire, i grandi spiriti
hanno scritto il nostro destino. Dobbiamo, senza indugio,
abbandonare questa terra. Alla fine del cammino ce n’è un’altra
a noi riservata che ci sta attendendo. Non dobbiamo essere
tristi.»
I soldati erano passati di casa in casa
svegliando gli occupanti. Non avevano avuto alcun riguardo per
nessuno, sia che si trattasse di donne anziane, sia di bambini
appena nati. Se qualcuno era ammalato e non era in grado di
camminare, dovevano prenderlo lo stesso. Se fosse morto in
seguito, lo avrebbero dovuto seppellire lungo il viaggio.
Dovevano portare appresso il minimo
indispensabile per non rallentare il cammino. La partenza era
fissata per il giorno successivo.
La gente del paese, con cui avevano
vissuto in pace fino al giorno prima, si erano nascosti
rintanandosi in casa per non assistere alla deportazione e poter
dire a se stessi che in fondo non era stata colpa loro. Molti
nei saloon stavano già discutendo sul destino della terra
abbandonata dalla tribù. Qualcuno aveva dei progetti al riguardo
e si era recato negli uffici per ottenerne la proprietà.
Dopo averli fatti uscire di casa, dopo
averli esortati a camminare spronandoli con la punta della
baionetta, li riunirono in un grande recinto come cavalli
selvaggi appena catturati. Li fecero sedere per terra mentre i
soldati, all’esterno del recinto, puntavano i fucili nella loro
direzione.
Il sergente aveva garantito che, se si
fossero comportati bene, sarebbero giunti tutti sani e salvi a
destinazione. Ma, se si fossero ribellati o avessero tentato la
fuga, sarebbero stati giustiziati sul posto. Avevano l’autorità
per farlo e non avrebbero esitato.
Alla sera Lamochattee aveva riunito la
tribù. Coi colori tradizionali dipinti sul volto e gli anziani
seduti accanto, parlò alla sua gente.
«Oggi è un giorno triste per tutto il
nostro popolo. Dobbiamo abbandonare le terre dei nostri
antenati, cacciati via senza una ragione se non quella del
profitto. Qualcun altro è pronto a occupare le nostre terre, a
far nascere i frutti, non per sfamare le loro famiglie, ma per
produrre ricchezza necessaria ad aumentare i loro piaceri.
Dobbiamo seguire un destino davvero molto difficile da
comprendere.
«Noi disprezziamo questa gente e la
loro decisione di cacciarci via per prendersi ciò che ci
appartiene. Un giorno anche loro dovranno rendere conto dei loro
gesti. Anche loro piangeranno come noi stiamo piangendo adesso.
«Molto tempo fa li abbiamo combattuti,
abbiamo difeso le nostre terre anche quando vennero qui coi loro
fucili facendoci capire di essere più forti di noi. Non ci siamo
tirati indietro nella lotta. Quando hanno compreso di non
riuscire a vincere se non ammazzandoci tutti, allora non hanno
esitato ad estrarre un’altra più terribile arma: la menzogna.
«Abbiamo firmato un accordo per
consentire a tutti di vivere in pace. Così li abbiamo accolti
nelle nostre terre come nostri fratelli. Abbiamo accettato la
loro cultura così diversa dalla nostra.
«Ma la loro avidità non aveva fine e
hanno voluto firmare un nuovo accordo per limitare ulteriormente
il possesso delle nostre terre. Dissero che si trattava di un
accordo definitivo e non ce ne sarebbero stati altri. Potevamo
finalmente vivere in pace.
«Sono passati solo pochi anni e la loro
avidità e menzogna ci costringe ad andare via. Ci hanno parlato
di una terra più adatta per noi lassù a nord-ovest dove potremo
vivere in pace.
«Ma io conosco la loro menzogna, il
loro parlare falso e malvagio. Ci condurranno laggiù dove non
esiste niente altro se non terre incolte, per appropriarsi di
ciò che da sempre ci è appartenuto.
«Ma, se i grandi spiriti hanno permesso
questo scempio, che il nostro destino fosse di andarcene via, io
credo ci sia una ragione. Loro hanno letto nell’animo dell’uomo
bianco scoprendo la loro falsità e menzogna, hanno riconosciuto
quel terribile veleno che, purtroppo, si sta insinuando anche
tra la nostra gente. Se fossimo rimasti qui, presto anche i
nostri figli sarebbero diventati come loro: avidi ed infingardi,
perdendo quell’onore che, da sempre, ci contraddistingue per
diventare come loro.
«Forse un giorno riusciremo a camminare
tra i serpenti senza essere offesi dal loro veleno, forse saremo
tanto forti da non temere di essere contagiati, ma oggi non
siamo immuni di fronte alla loro avidità. Non possiamo diventare
come loro.
«Io ve lo posso garantire: i grandi
spiriti hanno deciso il nostro esilio per non vederci diventare
come loro. Quando una malattia diventa insanabile bisogna
assumere rimedi altrettanto decisivi.
«Io credo nei grandi spiriti e nei
nostri antenati, guide del destino della nostra gente. Non
dobbiamo avere paura ad andarcene. Una nuova terra ci sta
attendendo da poter chiamare casa. Non abbiate paura. Stiamo
tutti uniti e, quando qualcuno barcollerà nel dubbio,
sorreggiamolo, attendendoci lo stesso quando, in questo lungo e
difficile viaggio, accadrà anche a noi.
«Voi giovani e valorosi guerrieri, non
consumate le vostre forze ad odiare i soldati al vostro fianco.
La medicina è amara da bere e loro rappresentano quel cattivo,
disgustoso sapore. Ma loro sono solo strumento di un potere
proveniente da lontano. Eseguono solo degli ordini.
«Le vostre forze utilizzatele per
sorreggere chi fa più fatica degli altri. Siate forti ed
orgogliosi della vostra gente. Voi siete il futuro, con la
vostra forza la nostra patria futura crescerà rigogliosa. I
figli ed i figli dei vostri figli non vi ricorderanno come chi
ha abbandonato la terra, ma come chi, col loro valore, hanno
avuto il coraggio di costruire una patria per la loro progenie.»
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