Voce nella Notte
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Domenico Corna
Voce nella Notte - Parte Seconda
Un Lungo Viaggio - Terzo Capitolo
Incipit
Alla fine di Gennaio, Jill, con la sua
macchina, partì per dirigersi verso la prima stazione radio in
una piccola città vicino a Pittsburgh in Pennsylvania. Dopo le
prime miglia iniziò a nevicare e non smise fino all’arrivo. Non
era certo il periodo più propizio per viaggiare in macchina
negli stati del nord. Fortunatamente, a metà tragitto, uno
spazzaneve, ponendosi davanti alla sua macchina, riuscì a
mitigare la fatica e la tensione della guida accompagnandola
quasi fino a destinazione, quando dovette uscire per raggiungere
la cittadina di Altoona.
Si diresse subito in Hotel. Scese dalla
macchina tremando e barcollando dalla tensione. A malapena
riuscì a salire verso la sua stanza. Dopo aver chiuso la porta,
emise un sospiro di sollievo sdraiandosi sul letto. Dormì fino
alla mattina del giorno dopo quando si svegliò sotto una copiosa
nevicata. Consumò la colazione guardando fuori dalla vetrata gli
spazzaneve andare avanti ed indietro spostando enormi quantità
di neve. Sembravano mostri voraci nell’atto di divorare la
coltre bianca.
Quando prese la macchina, nessuno se ne
stava per strada. Percorse lentamente il centro della cittadina
tra ragazzini con grandi berretti giù fino al naso. Si
divertivano tirandosi palle di neve e scivolando nei brevi
tratti di discesa. I semafori erano spenti e, ad ogni incrocio,
sperava di non incrociare alcun mezzo proveniente in senso
contrario.
Riuscì a giungere davanti alla
costruzione dove risiedeva la piccola stazione radio. Socchiuse
gli occhi alla sua vista pensando si trattasse di qualcosa di
simile ad un museo. La struttura era decrepita e, ad ogni passo,
sollevava lo sguardo per controllarne la stabilità onde evitare
di vedersi crollare addosso qualche pezzo di intonaco. Dovette
suonare per tre volte il campanello prima dell’apertura di una
finestra proprio sopra di lei. Qualcuno si sporse urlando: «E’
aperto! Spingi forte la porta.»
Jill diede una spallata e la porta si
aprì cigolando come se stesse emettendo l’ultimo respiro. Dalla
cima di una scala di legno talmente consumato da sembrare pronto
a cadere da un momento all’altro, la stessa voce di prima la
invitò a salire. «Mi auguro ti sia vestita in modo adeguato.» le
disse Jason, il direttore della stazione radio, invitandola a
sedersi su un’altrettanto instabile sedia. «Purtroppo i tubi
dell’acqua si sono ghiacciati stanotte e il riscaldamento non
funziona.»
Jason aveva le sembianze di una persona
indefinibile, giunta all’improvviso dagli anni cinquanta.
Indossava un grande cappotto grigio, teneva una folta barba
bianca e un paio di occhiali simili a fanali di un’automobile.
«Tu sei Jill, non è vero?» chiese
avvicinandosi. Le strinse la mano per poi accompagnarla
all’interno degli studi.
La ragazza si sentiva a disagio mentre
si guardava in giro. Le sembrava davvero di essere arrivata in
un museo. Non c’era la stanza di regia e trasmissione. Un solo
locale accoglieva un tavolo su cui stava appoggiato un mixer con
molti pomelli mancanti. Ai suoi lati c’erano tutte le
apparecchiature per la diffusione. Alle estremità dello stesso
tavolo, tre sedie disposte ad uguale distanza, avevano il
compito di accogliere tutti gli intrattenitori. In una piccola
stanza adiacente c’erano le scaffalature con i dischi e i cd.
«Bene, starai con
noi una settimana.» esclamò Jason ridendo. «Se riuscirai.»
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