Benjamin se ne stava affacciato alla finestra di un grande palazzo
nel centro di St. Luis. Era giunto puntuale all’appuntamento per la
convention dei produttori di birra. Come ogni anno si sentiva fuori
posto. Non avrebbe mai voluto scendere nella grande sala per
incontrare i direttori e discutere sulle ultime tecniche della
produzione o delle linee di vendita. Questa non era mai stata la
vita a cui si sentiva portato. Anche dopo venti anni di lavoro in
quel settore si era sempre sentito un precario, una sorta di
intruso.
Se ne stava appoggiato alla finestra tentando un resoconto della sua
vita. Gli era accaduto molte altre volte nel suo lento scorrere
mentre manteneva la promessa fatta ad Haseya molti anni or sono.
Aveva incontrato tanti personaggi aiutandoli a guarire dalla
malattia.
Il dolore dovuto alle terribili proiezioni, ormai passava davanti a
lui senza ferirlo più di tanto. Ma adesso si sentiva stanco e
afflitto nel constatare gli ammalati guarire e, felici, fuggire via
con la loro libertà a braccetto, per lasciare il posto ad altri
ammalati con gli stessi problemi. Guarivano e poi scomparivano senza
lasciare traccia alcuna.
Nessuno di loro era mai tornato per mostrare una qualsivoglia forma
di ringraziamento. Del resto perché mai avrebbero dovuto farlo? Lui
era un piccolo uomo con una vita decisamente meno interessante della
loro. Avrebbe dovuto sentirsi grato e orgoglioso per aver avuto un
tale onore.
Da quando Haseya gli aveva spezzato il cuore non aveva più rincorso
altri affetti. Non gli erano mancate le opportunità ma la voglia, il
desiderio di ricominciare ad amare. Quella si era persa per sempre
lassù insieme all’alluvione.
Aveva intuito di non essere mai stato in solitudine sulla lunga
strada. Qualcuno se ne stava accanto nel timore commettesse qualche
errore. Ma pochi erano stati gli interventi di correzione. Se l’era
cavata decisamente bene. Avrebbero dovuto essere contenti nel
constatare le persone a lui affidate, una ad una, tornare a casa.