Terza Generazione
Minichì
Parte 4
Parte 3
Parte 2
  Era l’antivigilia di Natale e, per quanto Jill potesse ricordare, una delle peggiori. Il cielo era così grigio da sembrare quasi inesistente. Guardava fuori dalla vetrata sperando cadesse la neve, avrebbe portato un po’ di atmosfera tra i grattacieli di Manhattan limitando la loro indescrivibile vicinanza. Avrebbe ammansito la tristezza alla vista degli impiegati del grattacielo di fronte, seduti a una scrivania come la sua, immersi in pensieri simili ai suoi.
  Per lei era l’ultimo giorno di lavoro in quell’ufficio. Ad attenderla era già pronta in frigorifero una bottiglia di spumante con cui brindare al suo addio.
  In quel periodo così difficile, molti dipendenti avevano dovuto lasciare il lavoro ma certamente nessuno con una motivazione simile alla sua. Lei aveva fatto parte di uno degli uffici tra i più odiati: le risorse umane. Assisteva il suo capo nei colloqui coi dipendenti segnando ogni nota positiva e negativa a riguardarli. Ma quel mattino, essendo ammalato, si era ritrovata da sola a condurre due colloqui di assunzione. Il suo capo aveva già indicato quale dei due dovesse essere assunto. Il suo compito si limitava solo a fingere interesse con l’altro, prospettandogli qualche vaga, se pur inutile, possibilità.
  Sfortunatamente, avendo confuso i loro nomi, aveva assunto la persona sbagliata. Così, il giorno successivo, sulla scrivania, aveva trovato la lettera di licenziamento. Entro una settimana doveva andarsene.

  Dopo il brindisi di addio, dopo aver accettato gli abbracci e i consigli dei colleghi, raccolse i suoi effetti dalla scrivania ponendoli in una grande scatola. Prese l’ascensore e, prima di uscire, riconsegnò il cartellino identificativo.
  Mestamente imboccò la porta, immettendosi subito nel vicolo, scansando l’aggressivo odore di fritto e salse provenienti dal ristorante orientale. Una folata di vento freddo, come uno schiaffo, l’accolse sulla strada principale mentre con la sua scatola in mano tentava di farsi largo evitando le lastre di ghiaccio ai bordi dei marciapiedi e la fila di persone immerse nei piccoli monitor dei loro telefoni.
  Prendere un taxi era un’impresa impossibile. Insieme a tanta altra gente come lei, attraversò lentamente il ponte di Brooklyn proteggendosi il volto col braccio nel tentativo di difendersi dal vento freddo proveniente dal fiume. Riuscì a stento a salire nel suo appartamento; dopo aver varcato la soglia, gettò per terra la grande scatola prima di buttarsi sul letto esausta.

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Bosco dei Platani
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