La Nostra Pazzia
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Domenico Corna
La Nostra Pazzia - Parte Prima
Un Dono da Coltivare - Primo Capitolo
Incipit
L’infermiera aveva ragione,
Venanzio era davvero un nome inconsueto. Ogni volta, quando a
scuola il professore lo pronunciava, era sempre seguito da
un’espressione di sorpresa. Il padre lo aveva rassicurato
riguardo all’importanza della scelta ma, come per tutto il resto
a riguardarlo, non aveva mai eccessivamente badato alle sue
parole.
L’infermiera era uscita dopo
avergli raccomandato di non muovere la gamba ma di lasciarla
sospesa a quel meccanismo di trazione anche se l’effetto
dell’anestesia stava terminando ed avrebbe iniziato a sentire
forti dolori.
«Mi raccomando, stai fermo se
non vuoi che tornino per applicarti una nuova ingessatura.»
Il menisco rotto era giunto
tanto inatteso quanto inopportuno. Il giorno successivo avrebbe
dovuto partecipare ad un test per poter far parte di una squadra
di calcio. Diciassette anni era l’età giusta. Pur non provenendo
da una scuola del settore, era stato notato da un allenatore il
quale gli aveva presentato questa possibilità. Ma proprio il
giorno prima, alzando la gamba per prendere la palla, aveva
mancato l’aggancio sentendo una fitta al ginocchio. Aveva
ritenuto si trattasse di un dolore passeggero ma, il giorno
successivo, gli diagnosticarono la rottura del menisco. Così il
suo sogno sembrava terminato.
«Non devi arrenderti,» gli
consigliò l’infermiere venuto a controllare il gesso. «con un
poco di pazienza, tra qualche mese potrai tornare a correre. Il
chirurgo è rinomato per questo tipo di interventi. Altri
giocatori, operati da lui, sono riusciti a tornare in campo.»
Venanzio sorrise per
l’incoraggiamento ma era sicuro che, superati i diciotto anni,
sarebbe stato difficile venire di nuovo ammesso a fare parte di
una squadra.
Aveva trascorso l’infanzia
giocando nel piccolo campo di calcio accanto a casa sua sognando
come tutti gli amici, di diventare un giorno un grande giocatore
e entrare nei grandi stadi colmi di gente pronta ad applaudirlo.
A giorni alterni, assumeva il nome dei suoi giocatori preferiti
imitandone gli atteggiamenti e, ad ogni palla entrata in porta,
correva per tutto il campo urlando ed alzando le braccia.
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