L’autunno e l’inverno erano certamente i mesi peggiori per rimanere
sul marciapiede. I senza-casa osservavano con invidia i passanti
camminare imbacuccati nei loro giubbotti immaginando quanto fosse
bello essere avvolti da quel calore invece di cercare un conforto
tra gli scatoloni o gli scampoli di vestiti recuperati tra le merci
usate.
Talvolta qualcuno giungeva a portare un conforto sotto forma di
indumenti o bevande calde, allora sembrava che il mondo potesse
essere migliore.
Una sera vennero tutti accompagnati sotto le gallerie della
metropolitana, in un grande atrio dove sembrava fossero diventati
una grande famiglia. Distribuirono coperte e pasti in un ambiente
tipico di festa. Iniziarono a raccontarsi storie tra le più
stravaganti e scambiarsi sorrisi. Qualcuno era certo come presto
avrebbero consegnato una casa in cui abitare a ognuno di loro.
Qualcun altro, con ampi gesti delle braccia, asseriva di essere
stato sequestrato dagli alieni i quali gli avevano garantito di
essere già presenti sulla terra. Presto ognuno avrebbe notato
l’effetto della loro presenza.
Ma quella sera niente di meglio fu avere a disposizione i bagni con
l’acqua calda. Si mettevano in coda per poterla usufruire. I piccoli
angeli soccorritori, ragazzi e ragazze con la chiara intenzione di
portare soccorso, correvano tra i disadattati più stanchi e affranti
chiedendo se necessitassero di un aiuto.
Giona se ne stava seduto a osservare l’andirivieni come se si
trovasse a teatro. Qualcuno aveva preso una chitarra e stava
suonando una melodia proveniente da qualche nazione dell’est Europa.
Una ragazza si avvicinò. Il suo nome era Laura. «Tu sei Giona?»
chiese.
L’uomo annuì.
«Tu sei mio zio» sussurrò la ragazza guardandosi attorno come a non
voler rivelare una vergogna.
«Io mi ricordo di te!» confermò Giona sorridendo. «Eri piccola,
piccola quando venivi a trovarmi a casa nostra.»
Laura annuì. «Io sono venuta a sapere solo ultimamente della tua
storia. All’inizio pensavo fossi fuggito lasciando la zia da sola in
casa. Ti ho tanto odiato per un gesto così assurdo.»
«La situazione si è evoluta in una maniera notevolmente differente»
obbiettò.
«Adesso lo so, pochi giorni fa la zia mi ha raccontato tutto nei
dettagli.» Chinò il capo.
«È molto strano» sussurrò Giona. «Davvero strano se mia moglie ti ha
narrato la verità. Sarebbe la prima volta» commentò ironicamente
facendo sorridere Laura.
«Però vederti ridotto qui in questo stato non è giusto in quanto è
stata lei la causa mettendosi con un’altra persona. Non riesco a
capire il motivo per accanirsi contro colui col quale hai vissuto
insieme qualche anno. Quale tipo di rabbia può averla indotta a
tanto?»
Giona allargò le braccia. «Io ho smesso di giudicarla da tanto tempo
come pure di odiarla per quanto mi ha provocato. La vita è
proseguita in questo modo e, sotto un certo punto di vista, la colpa
non è solo sua.»
Laura annuì. «Che cosa posso fare per te?»
«Nulla!» rispose Giona. «Non si può riparare il passato, ognuno deve
prendersi le proprie responsabilità.»
La ragazza annuì. «Io desidererei compiere qualcosa in modo da farti
uscire da questo incubo ma purtroppo tra qualche giorno, dopo aver
risparmiato qualche soldo, ho preso la decisione di andare via e non
so quando tornerò in questa città.»